MINDCAGE…DOPPIA VISIONE
Cari lettori, se pensavate come me, che la partecipazione di John Malkovich a un qualsiasi film fosse garanzia di qualità, mannaggia vi siete sbagliati. La sua interpretazione, come sempre non fa una piega ma è il film che ne fa troppe. Mauro Morelli sceglie il filone, super sfruttato e venuto ormai un po' a noia, dei serial killer. Un fan sfegatato di Arnaud Lefeuvre, un omicida seriale catturato anni prima e definito l' “Artista” per il suo modus operandi, miete vittime à gogo. Due gli agenti incaricati di catturarlo, Jake Doyle (Martin Lawrence) e Mary Kelly (Melissa Roxburgh) entrambi con improbabili scheletri nell'armadio. Il passato dei due infatti non convince neanche lo spettatore più ingenuo. A dar loro qualche dritta l'”Artista”, rinchiuso nella sua gabbia non può non ricordarci il dottor Hannibal Lecter. Il serial killer naturalmente non si limita a uccidere le malcapitate ma le trasforma in vere opere d'arte un po' macabre ma di effetto, dotandole anche di un bel paio di ali, tipo quelle delle splendide modelle di Victoria's Secret. L'effetto scenografico è garantito! Eppure dopo le prime due vittime ci siamo già stufati e per niente spaventati. Tanto fumo e poco arrosto. Gli attori anche se bravi non sembrano in sintonia tra loro e la storia mai ingrana. Gli omicidi portati avanti con la pazienza di un certosino, impossibili da realizzare soprattutto in uno spazio di tempo limitato, sono troppi. I due agenti non fanno in tempo a portare un cadavere in obitorio che ne salta fuori subito un altro. Esagerato e quasi ridicolo anche il coinvolgimento dei protagonisti. Eccede in tutto il regista e alla fine si sa il troppo stroppia! E poi il finale, assurdo...deludente. Lo spettatore spera fino all'ultimo di aver capito male e invece no! Peccato perché sembrava promettere bene.
Stefania Viceconti
Avete presente quelle magliette con la scritta “da lontano pensavo meglio”? Ebbene questo film è proprio così. Mano a mano che ci si avvicina alla conclusione la curiosità scema e il finale inverosimile anche in un ambito – forzatamente – soprannaturale infastidisce. E anche la trama non proprio originalissima non aiuta. Ci troviamo di fronte, infatti, al solito serial killer che apparentemente sta seguendo le gesta di un altro assassino che aveva colpito anni prima soprannominato – perché tutti devono avere un nom de plume – “l’artista” interpretato da un “temibilissimo” John Malkovich.
Sugli omicidi – uno al giorno – indaga la coppia formata dai detective Jake Doyle (Martin Lawrence) e Mary Kelly (Melissa Roxburgh) il primo è il responsabile dell’arresto di Arnaud Lefeuvre il succitato artista, la seconda fresca di accademia e con un diploma in psicologia in tasca la fa essere l’ideale interlocutrice del perfido killer.
Ci troviamo dunque di fronte ad uno pseudo thriller che vorrebbe – ma non riesce – emulare capolavori come Seven o il Silenzio degli innocenti, ma anche il televisivo Hannibal gli sta più di una spanna sopra. Le interpretazioni sono appena sufficienti e l’approssimativa sceneggiatura richiede al paziente spettatore un’abbondante dose di sospensione dell’incredulità.
Un film che promette e non mantiene e che nella sua continua ricerca del colpo di scena non fa che incartarsi su sé stesso. Buono per una visione estiva senza pretese.
Paola Di Lizia