PIÙ BASTONE CHE CAROTA
Capolavoro assoluto, geniale, eccezionale, stupefacente: questi sono gli aggettivi attribuiti al film di Robert Zemeckis del 1988 da parte della maggior parte di critica e pubblico. Volete sapere i miei? Vi accontento subito: ripetitivo, noioso, irritante. Non mi ha divertito 34 anni fa e non mi diverte adesso e quindi, senza batter ciglio, lo scaravento nei nauseabondi.
Una cosa però gliela riconosco: è stato certamente innovativo. Girato con tecnica mista (personaggi animati che interagiscono con gli attori in carne ed ossa) escamotage non propriamente originale essendo stato utilizzato parzialmente in Mary Poppins (1964) e nel meno conosciuto Pomi d’ottone e manici di scopa (1971), il film si apre con una breve cartone che ha come protagonisti il Roger Rabbit del titolo – un coniglio iper-attivo e pasticcione – e Baby Herman – un bimbo combinaguai – ma questo è solo un set e i due sono in realtà attori.
Ci ritroviamo così nella Hollywood del 1947 dove esercita la sua professione di investigatore privato Eddie Valiant (Bob Hoskins) il quale viene ingaggiato da R.K. Maroon un simil Walt Disney per seguire la moglie di Roger la femme fatale Jessica Rabbit un incrocio tra Veronica Lake e Rita Hayworth, sospettando che il comportamento erratico della sua star dipenda da un tradimento della stessa.
Da qui comincia un estenuante avventura condita da gag che non mi hanno né meravigliata, né strappato un mezzo sorriso con il carico da dodici rappresentato da un antagonista interpretato da un eccessivamente caricaturale Christopher Lloyd. So di trovarmi in minoranza, ma al netto degli evidenti meriti tecnici, sconsiglio vivamente la visione a grandi e piccini.
Titolo originale: Who framed Roger Rabbit
Anno: 1988
Regia: Robert Zemeckis
Interpreti: Bob Hoskins, Joanna Cassidy, Christopher Lloyd