LA FEBBRE
DELL'ORO
1882, New York. La giovane Marian Brook (Louisa Jacobson) rimasta orfana, viene accolta dalle zie Agnes (Christine Baranski) e Ada (Cynthia Nixon) parte dell’antica “aristocrazia” statunitense che si identifica nelle famiglie europee che prime giunsero sull’altro lato dell’Atlantico. La giovane si ritrova nel bel mezzo di una sorta di faida con la vicina famiglia Russell guidata da Bertha (Carrie Coon) e George (Morgan Spector), rappresentanti della nuova e rampante aristocrazia finanziaria. Naturalmente la “upper class” non è la sola ad essere rappresentata. Una parte della storia è dedicata a descrivere la brulicante vita della cosiddetta servitù. Cameriere e maggiordomi hanno tutti i loro quindici minuti di attenzione.
Se la trama brevemente descritta fa suonare un campanello nella vostra testolina, non vi sbagliate se pensate ad una delle serie più celebrate dell’ultimo decennio, quella Downton Abbey che ha in comune con questa il creatore Julian Fellows che riprende, grossomodo, lo stesso schema utilizzato per le vicissitudini della famiglia Crawley spostando indietro le lancette di un trentennio e sbarcando sulla sponda dell’ex colonia britannica.
Nonostante queste ovvie somiglianze The Gilded Age mantiene una sua originalità sia nella storia, al netto di qualche svolta prevedibile, che nello sviluppo dei personaggi tutti piuttosto interessanti – più il reparto “maturo” che quello giovane. Lo spettatore viene catturato, almeno nel pilot, e vuole continuare la visione sperando che alcune tematiche vengano approfondite come si deve e non lasciate, nella pur lussuosa confezione, in superficie.