Musica e film un binomio inscindibile. Ma è poi proprio così? Niente musica, niente film e viceversa? Se è vero che film di successo ci tornano in mente quando ascoltiamo le loro colonne sonore è anche vero che spesso sono proprio queste ultime a ricordare film dalle trame inconsistenti di cui altrimenti ci saremmo scordati. Colonne sonore quindi talmente incisive da prevalere sulle trame dei film o addirittura sugli stessi dialoghi. E’ il caso del quasi muto “ Apocalypto “ del 2006 in cui il regista Mel Gibson affida alla musica un ruolo di primo piano. Un vero e proprio richiamo al cinema muto e all’ importanza della musica lo vediamo invece nel pluripremiato“ The Artist “, divertente e romantica pellicola francese del 2011 che affronta il tema del passaggio dal cinema muto al sonoro. Il regista Michael Hazanavicius , proprio come nel cinema degli anni ’20, riesce a tenere incollati allo schermo gli spettatori puntando tutto sulla mimica di grandi attori e su una indovinatissima colonna sonora firmata da Ludovic Bourge. Nello scandaloso e audace “9 Songs” di Michael Winterbottom poi si capisce già dal titolo che la musica ha una fondamentale importanza, i brani rock tutti eseguiti dal vivo, nove per l’appunto, scandiscono alla perfezione le fasi del controverso rapporto tra i due protagonisti. Quindi è senza ombra di dubbio inscindibile il binomio tra film e musica, ma i due elementi non sempre sono in sintonia. Alcuni tra i più importanti registi hanno infatti sentito nel corso degli anni l’esigenza di rivoluzionare il rapporto tra il contenuto dei loro film e le colonne sonore. Ecco che allora la musica diventa dissonante, in contrasto con la trama. Nel 1971 Stanley Kubrck, non nuovo all’uso della musica classica già utilizzata in “2001 Odissea nello Spazio”, nel film cult “ Arancia Meccanica “, stravolge il concetto di colonna sonora. Il regista si affida a brani di Rossini e Beethoven per accompagnare inaudite scene di violenza e sceglie una innocente Singin’ in the Rain come sottofondo alla gelida, crudele e bianchissima scena dello stupro. Quattro anni dopo invece per il suo “ Barry Lyndon” Kubrick sceglie la musica di altri grandi compositori come Handel, Back e Shubert stavolta in perfetta armonia con il contesto storico. A stupirci ancora è una figlia d’arte, Sofia Coppola. La regista aveva già dato prova di grande maestria nella scelta della colonna sonora nel “ Giardino delle vergini suicide” e in “ Lost in Translation”, dove la musica assume quasi un ruolo da protagonista ma in “ Marie Antoinette” la Coppola osa un po’ di più, mescolando musica rock, pop,indie, classica e lirica e nonostante qualche critica sembra esserci riuscita alla perfezione! Sperimentazioni che cominciano a vedersi ora anche nelle serie tv. Come non pensare a “ I Medici”, la fortunata serie di cui abbiamo potuto ammirare già tre stagioni si avvale innanzitutto di un'avvincente colonna sonora che porta la firma di Paolo Buonvino. Il compositore mescola e adatta elementi di musica elettronica e rock a atmosfere rinascimentali. Non è da meno la sigla frutto della azzeccatissima collaborazione tra Buonvino e l’artista internazionale Skin. Ricorre all’uso di sonorità moderne anche Peaky Blinders, la serie di successo distribuita da Netflix giunta già alla quinta stagione, Radiohead, The Kills, Bowie e Black Sabbat paradossalmente ben si adattano all’ ambientazione post prima guerra mondiale in cui è ambientata la serie. Canoniche, provocatorie, rivoluzionarie conta poco e i registi difficilmente sbagliano nella scelta, quello che importa è che le colonne sonore siano in grado di trasmettere ciò che in fondo il grande pubblico cerca mettendosi davanti a uno schermo piccolo o grande che sia…le emozioni.