PRIMA STAGIONE
Pubblicato a metà degli anni Novanta “L’alienista” di Caleb Carr era il romanzo che tutti avrebbero voluto adattare per il grande schermo, però, a causa di vari problemi produttivi il progetto si arena per decenni, finché in suo soccorso non arriva il fratello minore: la televisione.
Ambientato alla fine del Diciannovesimo secolo quando le cosiddette scienze investigative erano agli albori con due protagonisti: lo psicologo Laszlo Kreizler (Daniel Brühl) e il giornalista John Moore (Luke Evans) che indagano su una serie di omicidi di “prostituti” minorenni. In questa loro impresa sono coadiuvati da Sara Howard (Dakota Fanning) la prima donna impiegata nella polizia newyorkese e dal futuro presidente degli Stati Uniti Theodore Roosvelt qui nella veste di Commissario.
Girato a Budapest “L’alienista” – termine utilizzato dagli esperti per indicare coloro che soffrono di quei disturbi che ora noi chiamiamo “malattie mentali” – da un punto di vista squisitamente scenografico è una gioia per gli occhi, lascia invece parzialmente a desiderare la parte della sceneggiatura. Avendo a disposizione un materiale così interessante, se pur orrorifico, la caratterizzazione dei personaggi è abbozzata più che approfondita e molte linee narrative non hanno una conclusione (perfino le motivazioni dell’assassino vengono lasciate senza risposta).
Questi difetti, però, vengono riscattati dalle prove attoriali soprattutto quelle del duo Bruhl/Evans che riescono a trovare un equilibrio, avendo a che fare con i propri demoni personali, tra la razionalità dello scienziato del primo e l’impulsività generosa del secondo. Un po’ più stereotipata e legnosetta la Fanning. Buone le prove dei comprimari.
Rimane il dubbio se l’adattamento cinematografico avrebbe fatto un lavoro migliore particolarmente dal punto di vista dello svolgimento della narrazione che, come detto, pecca spesso di coerenza.