RITORNO A CROCKETT ISLAND
Mike Flanagan, regista del recente Doctor Sleep, ritorna alla serialità dopo i due capitoli di Hill House e Bly Manor affidandosi non a una fonte letteraria, ma alla sua personale esperienza unendo l’horror con una non banale riflessione sulla fede (gli episodi prendono il titolo dai sette libri che compongono la Bibbia dalla Genesi all' Apocalisse).
Benvenuti sull’immaginaria piccola isola di Crockett island dove torna, dopo aver scontato quattro anni in carcere per omicidio stradale, Riley Flynn (Zach Gilford) accolto con benevolenza solo dalla devota madre Annie (Kristin Lehman). Il giovane ritrova anche il suo amore di gioventù Erin Green (Kate Siegel) fuggita a 16 anni ed ora riapparsa, come il classico figliol prodigo. L’isola vede anche l’arrivo del nuovo pastore Padre Paul (Hamish Linklater) inviato a sostituire il vecchio Monsignor Pruitt colto da un malore mentre si trovava in viaggio in Terrasanta.
I tre personaggi rappresentano, ciascuno a loro modo, tre diversi approcci con la fede. Riley, devastato dal senso di colpa, è diventato ateo, Erin continua a frequentare la chiesa – unico appiglio per la piccola comunità funestata da un disastro ecologico che è diventato disastro economico – ma più da agnostica che da credente, Padre Paul rappresenta, naturalmente, la totale e cieca fede in Dio rafforzata da un incontro che cambierà drammaticamente non solo il suo destino, ma anche quello dell’intera Crockett Island. Eh sì! Perché il sacerdote non è arrivato solo sull’isola, ma ha portato con sé qualcosa di malvagio, una presenza che si palesa molto lentamente e a cui si fatica a dare un’identità precisa almeno fino agli ultimi episodi che vedono la vicenda precipitare in un sanguinoso vortice.
La serie, dunque, riesce ad utilizzare l’elemento soprannaturale per parlare di altro e che altro! Flanagan ci pone delle domande (cosa ci succede dopo la morte? Qual è il significato della vita?) ma non ha la presunzione di darci delle risposte, risposte che ognuno deve trovare dentro di sé. In questo è aiutato dall’ottima prova degli attori, in particolar modo, Siegel e Linklater “si lanciano” in sentiti e profondi monologhi difficili da interpretare senza cadere nella trappola ridondante della retorica e del melodramma.
Se siete amanti dell’horror puro tenetevi alla larga perché con Midnight Mass la pazienza dello spettatore è messa a dura prova, ma il gioco vale la candela!