La mafia (non) esiste
Se per mentalità intendiamo una sorta di prontuario a cui ogni comunità, geografica o culturale che sia, attinge per vivere secondo una scala di valori etici, allora l’ottica mafiosa ha indubbiamente influenzato e sotto molti aspetti lo fa ancora, un certo modo di pensare di parte della popolazione italiana e per raccontare proprio questa distorta “forma mentis” Marco Bellocchio sceglie la paradigmatica figura di Tommaso Buscetta, il primo collaboratore di giustizia italiano che però non si è mai dichiarato né percepito come pentito.
Palermo, 1980. Durante i festeggiamenti della Patrona del capoluogo siciliano Santa Rosalia i capi della nuova e vecchia Cosa Nostra sanciscono una tregua destinata a fallire come intuisce ben presto Buscetta che si trasferisce in Brasile, paese d’origine della terza moglie Cristina e dove continua indisturbato i suoi traffici. Arrestato, dopo un tentativo di suicidio, viene estradato in Italia. Qui incontra il giudice Falcone e dopo qualche titubanza decide di disvelare i segreti di un mondo criminale di cui, fino ad allora, si sapeva ben poco: nomi, struttura gerarchica, omicidi, traffici illeciti, connivenze con il mondo politico. Le sue dichiarazioni, riportate in più di 400 pagine di verbale, porteranno a centinaia di arresti e al notissimo maxi processo che si concluderà con la condanna di decine di appartenenti alle cosche siciliane. Poi verranno l’attentato di Capaci, l’arresto di Riina, il processo ad Andreotti. Insomma un bel pezzo della storia scellerata italiana di cui Buscetta è insieme testimone e protagonista.
Il Traditore però non è un film strettamente sulla mafia. Il regista piacentino utilizza la figura di Buscetta come grimaldello per aprire una porta nella coscienza di un uomo nato poverissimo, poco istruito, ma dotato di grande intelligenza e carisma e consapevole di essere ormai relegato ai margini, un uomo che vede crollare tutte le certezze, un “uomo d’onore” che vede gli antichi “valori” disconosciuti. Un protagonista con cui empatizzare dunque? Dipende da chi guarda e dalla mentalità di cui parlavamo all’inizio perché Bellocchio non giudica, ma osserva come uno scienziato nel suo laboratorio. Quindi una fredda e distaccata disamina di un fenomeno storico? Nemmeno questo è completamente vero perché Pierfrancesco Favino con la sua interpretazione magnetica e con la sua mimetica versatilità non diventa, ma è Buscetta. Un film importante, scarno ed essenziale nonostante le due ore e mezza di durata, privo di quella superficialità tipica di tanto cinema italiano degli ultimi decenni. Un film da vedere.
Anno: 2019
Regia: Marco Bellocchio
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Luigi Lo Cascio, Fabrizio Ferracane